14 feb 2014

L'ombra su Paolo Sarpi (pt. 4)

La prima cosa da farsi, il primo tassello l'avrei trovato passando al bar. Non erano ancora le dieci e gran parte dei miei ragazzi di solito vi si tratteneva ben oltre le classiche ore del mattino. Collezionavano informazioni, e chiunque abbia mai frequentato abitualmente un caffè sa che in un modo o nell'altro, da là passa davvero di tutto: se qualcuno aveva anche solo sentito parlare del mio carico, la mia simpaticissima spada di Damocle al sapore di inculata, sicuramente sarebbe stato là.
Una cosa del genere comunque non poteva non aver sollevato nemmeno un po' di polvere, quindi ero decisamente fiducioso almeno di scoprire qualcosa di nuovo. Il Capo non aveva parlato di aggressioni o scontri armati, anche perché a Milano una cosa del genere sarebbe uscita sulle prime pagine dei giornali e la Comunità non ama pubblicità. Nessun cinese sano di mente farebbe venir su un casino tale, nemmeno per tutto l'oro, o la Giada, del mondo.
“Guido, ciao, il solito?” chiese una barista che non avevo mai visto. Annuii con aria misteriosa, sperando che il solito fosse la porta sul retro e non un caffè. Non avevo proprio voglia di un altro cazzo di caffè, specie con l'adrenalina che mi trovavo addosso: le minacce di morte tendono a stressare un filo.
Fortunatamente prima ancora che finissi i miei discernimenti a base di imprecazioni e porte divelte la piccola apertura in fondo che ben conoscevo si dischiuse e fece uscire il suo consueto mormorio e il fumo che caratterizzava qualunque sala segreta cinese. Non immaginatevela come una bisca clandestina di quelle che si vedono nei film; molta meno gente, molta meno scenografia e molti meno soldi a girare, non in questo posto almeno. Le informazioni però girano un sacco, e i miei ragazzi erano già là intenti in una partita di briscola. Già, ve l'avevo detto, nessun gioco esotico e misterioso, dopotutto siamo nati qui, proprio come tutti voi.
“Niente di nuovo ragazzi? Di che si parla? Novità nel giro?” “Prendi per il culo Guido? Hai le orecchie foderate di merda di ratto?” mh, proprio una splendida giornata “Signori, un po' di cortesia, non siamo mica in una bettola” qualche risatina “Ora aprite quelle fogne intasate e raccontatemi quel che sapete della fottuta Giada. Siate esaustivi e potrei dimenticarmi del fatto che non siate corsi a casa mia ieri e persino continuare a pagarvi.”
Ah, l'uomo e il fantastico effetto che la parola pagare fa sulla sua psiche. Vi dico solo che la partita di briscola interessantissima fino ad un secondo fa era ora più dimenticata dell'ultima buona azione che avessero fatto, da piccini. “Ok, ok bello, non c'è bisogno di incazzarti, della Giada già lo sai, sì? Beh, in pratica la sola cosa che si sappia è che c'era e adesso non c'è più, volatilizzata.”
“Sì, ok, magia nera, ma non c'era nessuno a buttarci un occhio? Non è che lasci là milioni di roba a prendere aria perché oh, tanto non si muovono da soli. O no?” mi sembrava di parlare con le caricature comatose dei miei ragazzi, ero quasi costantemente tentato di controllare un inesistente elettroencefalogramma sopra le loro teste. “Ragazzi, davvero, non ne sapete un cazzo o i miei soldi non vi piacciono più? Potrebbero offendersi seriamente” niente, occhiate spente e un filo contrite.
Di questa storia davvero non si sapeva nulla.
Stavo giusto per tornare da dove ero venuto quando la nuova cameriera fece capolino dalla porta segreta, e con lei quella che ricordava pericolosamente una coppia di micro-uzi. Sperai che non si trattasse di un regalo per me, ma mi lanciai per terra con la ferma convinzione che una figura di merda è perdonabile, al contrario della morte che tende ad essere piuttosto definitiva. Bravo bastardo, ebbi il tempo di pensare mentre un paio di sventagliate mi rendevano in un paio di secondi l'unico avventore ancora respirante. Mi alzai ancora mezzo intontito giusto in tempo per notare la bottiglia incendiata volare nella piccola stanza, probabilmente per eliminare quel poco di resti che erano rimasti dopo la prima passata. Mi lanciai fuori appena prima che la porta si chiudesse rendendo il sicuro ritrovo una sicura morte. La cameriera, o chiunque diavolo fosse, si era volatilizzata, lasciandomi con un paio di altre domande in testa.
Che cazzo sapeva quella gente? E soprattutto perché avrebbero dovuto volermi morto?

6 feb 2014

L'ombra su Paolo Sarpi (pt. 3)

"Cuore di Giada? Quale cuore di Giada?" dissi cercando di guadagnare tempo.
Il Capo era persino più serio del solito, quindi la mia naturale cau
tela era raddoppiata.
"Non so davvero di che parli, ti prego, credimi" continuai in cinese, il mio bonus pagliacciata quotidiana era già stato usato quindi era il momento di fare lo scolaretto docile: le teste degli stronzi volano facilmente, qui a China Town. "Davvero non sai di cosa parlo Guido? Mi stupisci, di solito arrivi con la conta dei capelli in testa a Giuliano o cose così. Stai invecchiando caro mio, invecchiando. Il cuore di giada è un nuovo preparato a base di metanfetamine, meth solida indovina un po' di che colore." "Ok Capo, ma lo conosci il mio rapporto con la roba, da quella volta che..." "Non interrompermi. - tagliò corto con un tono lievemente irritato - Un carico da 20 tonnellate è sparito ieri notte. Un NOSTRO carico da 20 tonnellate. O nessuno dei tuoi te ne ha parlato e stai invecchiando, o mi stai prendendo per il culo." Lo fissai con sguardo incredulo, non sapevo ancora dove stesse andando a parare ma la sensazione era che mi avessero appena fottuto con un forcipe.
"In ogni caso non ci sono problemi, Guido. L'importante è che quelle 20 tonnellate tornino qui. Spero per te che ne sappia più di quanto vuoi farmi intendere: sarà più facile per te recuperarle."
Cazzo quanto lo odio, il mio istinto. Quindi ricapitolando ora dovevo davvero trovare quella meth, o avrei fatto la fine del cavallo trovato a frammenti nei ravioli. Scrutai il Capo per scorgerne un barlume di divertimento, di cameratismo e affetto paterno che era solito rivolgermi. Non ne trovai. 

La conversazione era quindi conclusa, potevo andare. No, decisamente non in pace.