11 mar 2014

Il Troll Quotidiano

Esce un articolo sulla sessualità delle/dei quattordicenni firmato da una donna sotto la trentina. Esce a poco tempo di distanza dalla Commemorazione della Donna (mi rifiuto di chiamarla festa per lo stesso buonsenso secondo cui il giorno della Memoria non è chiamato festa degli ebrei).
Io penso, sarà un'introspezione con un briciolo di empatia, un filo di nostalgia magari visto che una quindicina abbondante di anni fa era su quei banchi là, una cosa piacevole da leggere nel complesso.


Manco per il cazzo: fra un luogo comune idiota, uno slang che era già vecchio dieci anni fa quando c'ero io su quei banchi e una rappresentazione abbastanza da film porno della realtà, rido per non piangere. E fin qui ci siamo tutti, credo. Spero. La cosa che soprattutto mi lascia basito è proprio il ritratto delle ragazzine neoliceali che dà di loro questa nemmeno trentenne posseduta da "60enne bavoso". Sono davvero il solo a chiedersi da dove siano arrivate quelle sue testimonianze alla fake su insegreto.it?
 È vero che ormai il revival degli anni '90 imperversa, ma non so quanto possa essere brillante l'aver trasformato per un giorno un giornale di passati fasti come il Fatto Quotidiano in una sorta di versione quotidiana del Cioè, specialmente senza poster centrale e lucidalabbra in regalo. 
Mi sembra quasi di sentire la risata in sottofondo della celeberrima psicologa, messa a rispondere alle lettere che inviate al giornaletto per curarsi un grave stato di depressione.  La cosa che ci chiediamo un po' tutti, Beabea, è la motivazione di fondo che ti ha spinta a scrivere una robina così. Anche io a volte vado a leggere i commenti stronzi su Yahoo Answers, ma poi se ne scrivo un pezzo lo dico che è una battuta, razza di troll che non sei altra.

 Li hai proprio fregati tutti, zia, ma tutti tutti.


10 mar 2014

L'ombra su Paolo Sarpi (pt. 5)

Queste cose non succedono qui, continuavo a ripetermi quasi per convincermi che il simpatico ritrovo di casini appena vissuto fosse un sogno. Un sogno però di solito non ti fa puzzare come un una sala macchine ottocentesca, e non ti riempie i vestiti di sangue. Non era un fottuto sogno, era invece il caso di correre via da lì, prima che qualcuno nei dintorni decidesse che, forse, questa volta era davvero il caso di chiamare i puffi. Tutto ad un tratto la mia piccola oasi di tranquillità con la porta divelta era la sola cosa che desiderassi, in quella primordiale e stupida convinzione che una volta fra le mura di casa tutti i guai sarebbero rimasti fuori. Una cazzo di convinzione stupida, che non puoi permetterti se non sei uno topo o non vuoi farne la fine. Puntai per la camera che tengo sempre prenotata non a mio nome in zona Dateo, in uno di quei pochi non-luoghi in grado di far persino meno domande che qui a Chinatown. Ora già so che starete pensando ad un rifugio segreto da film, magari con bottiglie di whiskey o pc di ultima generazione. Ecco, davvero, no. E' un buco polveroso, puzzolente e rumoroso a causa del resto della clientela che lo sceglie per dimenticare le pene del mondo reale e concedersi uno o due momenti di semplice svago, ovviamente rischiando quattro o cinque malattie veneree alla volta con donne di qualunque età, forma o apparentemente specie. Non era esattamente un bordello, ma poco ci mancava. Anche se dopotutto non ero come gli altri, anche io era finito là per la compagnia, un tipo di compagnia decisamente diversa dal solito cliente però, dato che non molti cercavano più Anna Hott ed essendo gran parte del suo fascino sfiorito, a non molti era concesso di vederla in piena luce. Una sorta di grande maestro di quel suo ordine di ragazze dedite al prossimo, o forse più che altro al portafogli del prossimo. Ma prima ancora di pensare alla mia polverosa e solida poltrona al centro dello stanzino, sarebbe stato meglio pensare a come raggiungere Dateo da là, dato che sporco di sangue e integro per miracolo non sarei stato accolto senza curiosità su un taxi o in metropolitana, e la curiosità era ciò che decisamente non faceva al caso mio. Recuperai il cappotto di uno dei poveri cristi svuotandone prima le tasche giusto per non portare in giro qualcosa di decisamente sconveniente, trucchetto imparato qualche anno prima a mie spese e ringraziai mentalmente un dio a caso per essermi abbonato al car sharing gratuitamente qualche mese prima. Mi ero detto che poteva sempre essere utile poter prendere a noleggio una delle svariate macchine a disposizione sparse in giro per la città alla cifra di nemmeno so quanto per minuto, ma sicuramente una cifra bassa visto che mi stava salvando il culo. Cazzo se ci avevo azzeccato. Con il mio telefono trovai la vettura più vicina, appena quattrocento metri di distanza, e mi lanciai per strada coperto dal vecchio e logoro cappotto marrone con il cappuccio della felpa calato sulla testa. Camminai con passo malfermo, pensando che un doposbornia in tarda mattinata avrebbe spinto la gente a non chiedersi perché giravo come se mi stessero cercando, cosa che con ogni probabilità era anche vera. Dentro la piccola vettura mi sentii subito più tranquillo, come se le sottili pareti di lamiera avessero lo spessore di un sicuro caveau svizzero, e mi apprestai a raggiungere il mio buco, una tazza di tè caldo e un consiglio.
Cazzo se ne avevo bisogno.